Non dire Epstein


Non c’è peggior gusto di quello della medicina che di solito si riserva agli avversari. Il presidente Trump deve stare iniziando a capirlo, a giudicare dalla cronaca degli ultimi giorni: gli Epstein Files stanno diventando un boomerang che minaccia di squassare in modo irreparabile la sua amministrazione.

Il martellamento sulla pubblicazione dei documenti relativi al finanziere Jeffrey Epstein, incriminato per abusi sessuali e tratta di minori tra il 2015 e il 2019, fino agli ultimi tempi era stato un’arma per mettere pressione ai suoi avversari politici, ma oggi la strategia gli si è ritorta contro in modo plateale.

Da giorni il dibattito pubblico su questo versante riluce di nuovi scoop giornalistici: il Wall Street Journal ha reso pubblico il contenuto di una lettera che Trump ha inviato a Epstein per il suo 50esimo compleanno, nel 2003, corredandola del disegno di una donna nuda (e delle parole «Buon compleanno! E che ogni giorno possa essere un altro meraviglioso segreto»); poi, lo stesso quotidiano conservatore ha rivelato che la scorsa primavera Pam Bondi, la procuratrice generale degli Stati Uniti, aveva informato Trump del fatto che il suo nome appariva negli archivi dei file concernenti il caso.

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