La fine dell’era del kiwi 🥝


Fino a pochi giorni fa, Kiwi Farms è stato un forum dedito all’odio rituale, uno di quelli che cercava strenuamente di potersi fregiare del titolo di “luogo peggiore di internet”: secondo i suoi gestori – a partire dal fondatore, l’ex amministratore di 8chan Joshua Moon – aveva 16mila login al giorno, e la sua attività ruotava attorno a uno dei suoi canali, /lolcows.

A dispetto del nome dai rimandi ironici, /lolcows è stato per quasi un decennio (Kiwi Farms è aperto dal 2013) un luogo di molestie mirate e campagne concentrate sul rovinare la vita di una serie di persone – individuate in quanto giudicate dagli utenti «con comportamenti eccentrici che possono essere sfruttati per il divertimento», ipse dixit – che ha anche avuto un ruolo nella decisione tragica di alcune persone di togliersi la vita.

Kiwi Farms è sparito da internet il 4 settembre, quando Cloudflare, il grande provider web che utilizzava, l’ha bloccato per «imminente e urgente minaccia alla vita umana». Ma per anni ha preso di mira attivisti transgender, femministe, persone neurodivergenti, giornalisti, esponenti del mondo dei videogame, e anche personaggi dell’estrema destra.

La sua fine si deve anzitutto alla lotta senza quartiere di una donna transgender statunitense, Clara Sorrenti – nota online col suo nickname Keffals – la quale nell’ultimo anno è diventata l’obiettivo principale dell’utenza di /lolcows su Kiwi Farms. La “colpa” di Sorrenti è anzitutto essere una streamer che discute su Twitch le leggi repubblicane a tema Lgbt+: è quel che è bastato a renderla oggetto di richieste coordinate di rimozione del suo canale, oltre che di swatting e di diffusione del suo indirizzo di residenza, il che l’ha costretta a uscire di casa e andare a stare in un hotel per un po’. Quando ha postato una foto del suo gatto sul letto dell’albergo dove si era appoggiata, tuttavia, i frequentatori di Kiwi Farms hanno iniziato a indagare sui copriletti di ogni struttura della zona in cui vive, trovando quella in cui alloggiava e ricominciando a tormentarla, stavolta anche con l’invio di infinite pizze a domicilio a suo nome.

Comprensibilmente disperata, Sorrenti ha attraversato l’Atlantico per fare visita a un’amica a Belfast, in Irlanda del Nord. Ma i suoi molestatori l’hanno seguita anche lì: uno si è presentato con un biglietto pieno di insulti transfobici sulla porta di casa dove risiedeva, ha detto l’attivista. E quando la sua amica si è concessa la leggerezza di postare circa la loro intenzione di provare il poutine – un piatto canadese a base di patate fritte – a Belfast, Kiwi Farms ha recapitato allarmi bomba a tutti i ristoranti della città che lo servivano.

Keffals da tempo fa campagna sui social network per chiedere il blocco del sito di Kiwi Farms, e la fine della sua personale Odissea di abusi: in questi giorni il suo #DropKiwiFarms ha raggiunto risultati migliori delle attese, dopo che nel giro di 24 ore il forum è stato lasciato a piedi non solo da Cloudflare, ma anche dalla società russa che aveva temporaneamente deciso di assisterlo in sua sostituzione, DDoS-Guard (ironicamente, il fondatore di Kiwi Farms Joshua Moon ha reagito postando su Telegram una lunga lamentela cospirazionista che contiene la frase rassegnata e imperdibile: «Questo meme della Russia che sarebbe un Paese libero è uno scherzo»).

È difficile definire in modo esauriente qual è il collante ideologico di un luogo come Kiwi Farms, che secondo i report ha giocato un ruolo nel suicidio di tre persone vittime del suo stalking sfinente: certo, è stato un covo di omofobi, razzisti, transfobi, incel e varie frange di estrema destra, che ha trovato un suo ruolo anche nella strage di Christchurch in Nuova Zelanda nel 2019. Ma la sua connotazione va oltre tutte queste categorie – come ha provato a spiegare, in un intervento sfumato e controverso, critico anche di Keffals, una donna transgender nera come Taylor Stuckey – e forse l’aspetto più spaventoso è proprio questo: a dominare in queste community è anzitutto un nichilismo radicale, capace di ridere e costruire layer memetici sul rovinare la vita di persone scelte a caso.

La vicenda assurda di Kiwi Farms – che ricalca quelle di 8chan, 4chan, Daily Stormer e altri luoghi d’elezione dell’alt-right – porta con sé anche un dibattito complicato: Cloudflare, il gigante di internet che copre un quinto della rete globale e ne garantiva il funzionamento, pochi giorni prima di definirlo «una minaccia alla vita umana» aveva dichiarato che l’avrebbe mantenuto online. In un lungo post aveva scritto che:

Come la compagnia telefonica non ti chiude la linea se dici cose terribili, razziste, bigotte, siamo giunti alla conclusione consultandoci con politici, regolatori ed esperti che interrompere i servizi di sicurezza perché riteniamo deplorevole ciò che pubblichi sia la policy sbagliata.

Eppure ha fatto esattamente l’opposto, per fortuna. Nel mentre il forum di Kiwi Farms aveva iniziato a prendere di mira clienti di Cloudflare che avevano espresso contrarietà alla posizione presa dall’azienda, e quest’ultima ha ceduto alla pressione tornando sui suoi passi.

Kiwi Farms è andato, e non ci sono più sue tracce nemmeno sull’Internet Archive. Difficile però pensare che non torni in qualche forma, o con qualche erede: succede sempre, e ogni volta i provider internet si arrovellano per cercare una definizione decente di “libertà di espressione” con cui giustificare le loro azioni, anche se nella realtà l’«espressione» è già diventata aperta e rivendicata violenza. Keffals, che ha costruito la sua online persona sull’esposizione quotidiana degli utenti di Kiwi Farms, ripagandoli con la loro stessa moneta, ha detto in un’intervista di queste ore che può pensare di perdonare i suoi stalker seriali: «Non li odio, si sono fatti coinvolgere in un hate group».

La sfida è tirare una linea per fare in modo che quegli hate group, se proprio continueranno a esistere e mostrare la parte peggiore dell’essere umano che certi meccanismi di internet solleticano, non proliferino più in modo così incontrollato e distruttivo.

Altre news dal fronte

  • La prima altra news di oggi è anche uno spin-off del tema principale. Keffals è protagonista di un diverbio con un’autrice femminista filippino-americana, Roslyn Talusan, che va avanti da un anno: cioè da quando Talusan ha scritto il tweet di cui sopra e Clara Sorrenti le ha risposto con un ironico e irreprensibile «because noodles are tasty». Ne è nato un gorgo impossibile all’incrocio dell’intersezionalità, per cui francamente non vedo soluzioni all’orizzonte: un anno dopo i fatti Talusan e sostenitori hanno ripreso la risposta di Keffals (nel frattempo impegnata in ben altri problemi, come abbiamo visto sopra) per tacciarla di razzismo anti-asiatico coperto da «appropriazione di anti-transfobia»; quelli di Keffals hanno accusato Talusan di transfobia e misoginia. E insomma, qui ci vorrebbe una rotonda;
  • Christian Henson, compositore e co-fondatore di Spitfire Audio, una società londinese attiva nella tecnologia per l’industria musicale, si «prenderà una pausa» (notare l’eufemismo) dal suo ruolo dopo aver postato un tweet di supporto alla scrittrice J.K. Rowling e alle sue idee circa il dibattito sulle persone transgender;
  • Perché la proposta di revisione costituzionale progressista in Cile si è schiantata su una percentuale bulgara di “No”. Micro-riflessione: online c’è una certa tendenza consolidata e super cool a parlare dei fantomatici “moderati” come fossero ircocervi, o generici scemi da commiserare; cose che magari sono, ma incidentalmente continuano a comporre la grande maggioranza delle persone che vivono nel mondo reale. Se si vogliono ottenere cambiamenti importanti – e sacrosanti, come per me erano in generale quelli proposti dal presidente Gabriel Boric – tutto suggerisce che si debba agire per gradi, e collettivamente;
  • Come nasce e cresce una storia non verificata di razzismo: un thread interessante e istruttivo.

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