Colui che non deve essere giocato


È uscito un videogioco che è una bomba, ma non per modo di dire: Hogwarts Legacy, titolo-evento sviluppato da Avalanche Software per Warner Bros Interactive Entertainment, riporta la saga di Harry Potter su pc e console dopo dieci anni dall’ultima volta, con un mondo open world da esplorare e una nuova storia. E, oltre ad aver mandato in solluchero diverse generazioni di fan sul pianeta Terra, sul pianeta Internet ha fatto deflagrare nuovi e fragorosi ordigni sul fronte delle cosiddette guerre culturali.

Uno screen da Hogwarts Legacy.

Pare essere un buon gioco, ma io purtroppo non sono un famoso streamer seguito da folle oceaniche su Twitch e questo non è Multiplayer.it: di Hogwarts Legacy parliamo, guess what, perché la sua uscita è il pomo della discordia di una nuova ondata di polemiche imperniate su J.K. Rowling, l’autrice della saga di Harry Potter, a valle delle sue reiterate e spesso sgraziate uscite sulle persone transgender.

Non mi dilungo troppo, perché una singola email non sarebbe abbastanza per ripercorrere in modo esauriente gli ultimi anni di vita da guerriera online di Rowling: basterà dire che dal 2020 si è imbarcata in una critica serrata via via più esasperata dell’attivismo transgender, rendendola apparentemente un’occupazione a tempo pieno (chi vuole un sunto più ricco e abbastanza onesto può cliccare qui) e fraternizzando con l’ambiente definito anche del femminismo radicale trans-escludente, o – con acronimo d’uso talvolta un filo leggerino – Terf.

Il fatto è che il gioco, come altri prodotti a marchio Harry Potter prima d’ora, ha provato in tutti i modi a distanziarsi dalla scrittrice: gli sviluppatori hanno precisato che il loro videogame è «per tutti»; la personalizzazione del personaggio in-game non permette la scelta del genere sessuale del suddetto; c’è anche il primo personaggio transgender dell’universo Harry Potter, la strega Sirona Ryan.

Ma non è stato abbastanza: diversi siti di recensioni videoludiche – TheGamer, GameSpot, Checkpoint Gaming, per citarne alcuni – hanno scelto di non trattare la sua uscita; altri, come Wired Usa, gli hanno dato una stella “sulla fiducia”, spiegando che «i suoi danni sul mondo reale sono impossibili da ignorare»; altri ancora, come GamesHub, hanno scritto testualmente che «è impossibile parlare positivamente di Hogwarts Legacy senza danneggiare una comunità di esseri umani». NME ha precisato che la sua recensione «non è un endorsement delle opinioni o i commenti di Rowling»; Hard Drive ha elencato in un video «5 cose che potresti comprare al suo posto», con scelte etiche più oculate.

Mi riesce difficile comprendere come una recensione positiva di un videogame non possa che tradursi in «fare del male a una comunità di esseri umani», specie se il suddetto videogame avrebbe comunque venduto milioni di copie, e soprattutto non ha fatto altro che cercare di distanziarsi dalle posizioni maligne. Ma trovo ancora più assurde le notizie degli streamer presi ripetutamente di mira perché giocavano a Hogwarts Legacy sul loro canale Twitch, in qualche caso finendo in lacrime, o gli statement di quelli che hanno preso il gioco a martellate.

Anche non volendo separare la creazione dall’indiretto creatore, esistevano dei modi di parlare dell’evento senza perdere di vista il contesto che lo circonda: il giga-network di videogame IGN, lungi dall’essere in bilico su uno «shaky business model», ha inserito nel suo articolo sul titolo videoludico uno specchietto informativo che affronta l’annosa questione, scrivendo tra l’altro la cosa più sensata letta fin qui:

In qualità di critici, il nostro compito è rispondere alla domanda se riteniamo che Hogwarts Legacy sia divertente da giocare, e perché. Se sia etico giocarci è una questione separata, ma comunque molto importante.

Forse peraltro, come spesso accade, si perde di vista che moltissime persone nel mondo sono placidamente ignare delle polemiche che orbitano attorno alle accuse di transfobia a J.K. Rowling, e conoscono Harry Potter come un personaggio d’animazione, un ricordo d’infanzia, in qualche modo un compagno di vita. Nonostante il bailamme, non a caso Hogwarts Legacy ha già frantumato record di vendita che duravano da decenni.

Non bastasse, in reazione a boicottaggi in sé perfettamente legittimi (se nessuno obbliga te a non acquistare vattelapesca, qual è il problema?), i tossici spazi online che frequentiamo si sono riempiti di intelligentoni che tengono a sottolineare di aver comprato plurime copie del videogioco just to own the libs: “Se fa incazzare il sottobosco della sinistra online, noi lo facciamo”. Beh, molto maturo.

Si è dunque creata una singolare situazione per cui la destra crede di fare attivismo anti-trans ripulendo gli scaffali dei negozi da un gioco «per tutti» con personaggi di spiccata diversità, tra cui una strega transgender, mentre la sinistra si è convinta di fare attivismo pro-trans invocando la massima reprimenda per chi semplicemente ci gioca.

È un mondo complicato. Ma al di fuori di Twitter, in quelle lande isolate di ciò che una volta si chiamava realtà, giocare a un videogioco di per sé non significa odiare nessuno: Hogwarts Legacy, come ogni iterazione di Harry Potter, è una storia di liberazione, solidarietà e unione. Valori che Rowling ha sacrificato all’altare della guerra e dell’ossessione settaria, ma che per fortuna hanno ancora la possibilità di rivivere in nuove rivisitazioni delle sue storie: dipende da noi.

Altre news dal fronte

  • Questo è un altro arretrato interessante: in breve, hanno chiesto a ChatGPT se direbbe un «racial slur», cioè un insulto razzista, qualora fosse l’unico modo per salvare il mondo da una catastrofe nucleare. “Lui” ha risposto di no, ma il dettaglio abbastanza inquietante è che anche questo è diventato un caso enorme, e un’infinita fonte di panico per la compagine conservatrice. Per carità, la programmazione delle intelligenze artificiali e il loro funzionamento sono temi importanti e su cui riflettere, ma guarda tu stesso che piega ha preso il tutto;
  • Beckett, ma anche un po’ Kafka: l’università di Groningen ha annullato una messa in scena di Aspettando Godot perché il regista della produzione aveva scritturato solo attori maschi, come peraltro era stato obbligato a fare dalle volontà testamentarie beckettiane;
  • Un pezzo interessante con una storia esemplare, ben scritta, onesta (purtroppo apparso su una testata che, mi dicono, non è il massimo di rispettabilità: turiamoci il naso, per questa volta).

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