Cosplayer a Gaza


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Alle 19 ora di Gaza City un razzo ha colpito l’ospedale Al-Ahli, gestito dalla Chiesa anglicana, che secondo le stime in quel momento ospitava un migliaio di profughi palestinesi in fuga dall’assedio di Israele. Secondo le fonti palestinesi sono morte 471 persone; secondo quelle israeliane, qualche decina.

La tragedia, come è stata raccontata su buona parte dei media, è servita a rafforzare convinzioni pre-esistenti: i filo-palestinesi (un gruppo cui appartengo) si sono detti certi fin da subito che ad armare quell’ordigno è stato l’esercito israeliano, mentre i filo-israeliani non hanno mai avuto dubbi che si sia trattato di un razzo di Hamas finito lì per errore.

Quella dell’ospedale Al-Ahli è solo l’ultima incarnazione di un approccio deteriore al conflitto arabo-israeliano che trova nelle piattaforme digitali il suo migliore alleato e che si sta rivelando l’ennesima, nonché più turpe, occasione per piantare una bandierina – metaforica o in formato emoji – e dichiarare un’appartenenza gregaria nella divisione rituale a squadre. Se la tragedia è polarizzante, delle vittime che ci importa?

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